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Il commissario CANTAGALLO

 

I gialli del commissario Cantagallo hanno per protagonista un simpatico e caparbio poliziotto toscano di mezza età che con la sua squadra indaga sui delitti che accadono in un piccolo paese inventato, ma non troppo, della Toscana centrale chiamato Collitondi. Il personaggio è stato creato dall’autore toscano Fabio Marazzoli e pubblicato per la prima volta nel 2007 da Antonio Lalli della Lalli Editore con il giallo "Dentro un vicolo cieco". A cui è seguito nel 2008, "Omicidio sotto il sole", l'inchiesta poliziesca ambientata in piccolo paese di pescatori della Toscana del sud, pubblicato anche questo dallo stesso editore. Dopo alcuni anni di riflessione e di altre storie gialle scritte, nel 2014 è ricominciata la pubblicazione dei gialli della stessa serie che sono stati pubblicati in ebook da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia.

 

Il concetto investigativo del commissario Cantagallo

Il commissario Cantagallo spesso ricorda alla sua squadra il principio fondamentale che lo guida durante ogni indagine di un delitto: «Io rincorro un’illusione: analizzare scientificamente la scena del crimine per scoprire il colpevole. Voglio osservare e capire ogni singolo indizio raccolto nell’indagine per comporre il “mosaico criminale” e prendere il responsabile del delitto. Questo con la collaborazione di tutti voi. Nessuno escluso».

“Il lavoro della mente somiglia alla perforazione di un pozzo, l’acqua è torbida all’inizio, ma dopo diventa chiara.”

 

Il commissario Cantagallo è un poliziotto di periferia.

Cantagallo è un commissario particolare perché è diverso dagli altri presenti nell'editoria, ben più importanti di lui. Non è un poliziotto che vuol essere al centro dell'attenzione. Non gli piace stare sotto la luce dei riflettori della celebrità. No, tutt'altro. Vuole solo fare bene il suo lavoro insieme ai colleghi della sua squadra, la Squadra Omicidi del commissariato di Collitondi, un commissariato di periferia. Perché lui è un poliziotto di periferia. Vuole starsene alla periferia per osservare, distaccato e rilassato, cosa accade nel centro dove risplendono i bagliori della fama e della notorietà. Osserva dalla periferia del suo commissariato, semmai non accorgendosi che, cambiando la visuale del suo punto di osservazione, quel luogo dove si trova lui diventa centrale rispetto a tutto il resto che lo circonda. 

 

Pochissime tracce e nessun testimone: questo è il pane quotidiano del commissario Cantagallo. Il poliziotto toscano si muove nelle strade del piccolo paese di Collitondi alla ricerca del colpevole del delitto. La tecnica d’indagine è particolare: è seguita ogni traccia e ogni indizio che per il commissario costituiscono le tessere di un “mosaico criminale”. Completato il “mosaico” è risolta l’indagine. Cantagallo analizza i fatti nella sua stanza da lavoro, il vero e proprio laboratorio investigativo del commissariato. Il commissario cerca sempre di migliorare la propria tecnica d’analisi dei fatti criminali e non si stanca mai di ripetere ai suoi uomini le sue convinzioni. Il suo “mosaico criminale” non è probabilmente un metodo infallibile, ma gli ha sempre permesso di assicurare alla Giustizia tutti i colpevoli dei delitti di cui si è occupato. Qualsiasi indizio non deve mai essere sottovalutato. Ogni oggetto, preso da solo, non fa capire di quale mosaico si tratti oppure a quale mosaico appartenga, ma quando è insieme agli altri aiuta il mosaico a prendere forma e la verità si spalanca davanti agli occhi, chiara e intelligibile. Spetta agli investigatori raccogliere tutti i pezzi del “mosaico criminale” per fare emergere la verità e arrestare il colpevole. A complicargli la vita c’è il suo capo, il Questore Fumi Zondadari, soprannominato Zorro dallo stesso Cantagallo. Il Questore lo intontisce di frasi in latino per mascherare la propria incapacità investigativa e per metterlo in difficoltà. Cantagallo non cede facilmente e ribatte a suon di proverbi che lasciano frastornato il Questore e permettono al commissario di abbandonare la discussione prima che degeneri. Il commissario rinuncia alle discussioni inutili ma non rinuncia alla buona tavola. Abitualmente, insieme ai colleghi Razzo e Bandino, mangia da “Attanasio” dove la trippa alla fiorentina, i piatti squisiti e l’accoglienza della proprietaria sono il migliore biglietto da visita del rinomato ristorante cittadino. La buona cucina paesana però non distrae Cantagallo che con la sua intelligenza e la sua squadra riesce sempre a venire a capo del delitto e a completare il “mosaico”. L’omicida alla fine è sempre smascherato e tutto è risolto con un colpo geniale a sorpresa del commissario Cantagallo. Spesso ricorda alla sua squadra il principio fondamentale che lo guida durante ogni indagine di un delitto: «Io rincorro un’illusione: analizzare scientificamente la scena del crimine per scoprire il colpevole. Voglio osservare e capire ogni singolo indizio raccolto nell’indagine per comporre il “mosaico criminale” e prendere il responsabile del delitto. Questo con la collaborazione di tutti voi. Nessuno escluso».

 

Identikit del commissario Cantagallo

Angelo Cantagallo, 42 anni (oggi), viso allungato, capelli corti castano scuri mossi pettinati all'indietro, sopracciglia scure folte, occhi castani chiari, naso pronunciato e leggermente curvo, fisico asciutto e robusto, più o meno 1 e 75 di altezza, più o meno 75 chili di peso con leggera pancetta che non ha ancora superato il limite di guardia della cintura dei pantaloni, portamento elegante e sportivo. Da quando ha superato i quarant'anni ha deciso di tenersi baffi e pizzo. In genere indossa scarponcini stringati comodi e morbidi, polo di cotone oppure di lana secondo le stagioni, jeans e giubbotto. Non indossa mai camicia giacca cravatta perché si sente "legato". Solo nelle occasioni ufficiali è obbligato a vestirsi perbene, ma lo fa con grande sforzo perché si sente impacciato nei movimenti. Cantagallo è un uomo dalla personalità completamente diversa: poliziotto rigoroso al lavoro, babbo casinaro a casa.

 

Le origini del commissario Cantagallo

È nato a Montecaiano, in provincia di Firenze, da una famiglia di umili origini che facevano i contadini nelle campagne del paese. Si è diplomato in Ragioneria a Firenze e poi nella stessa città si è laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti e la lode. Ha iniziato a fare il poliziotto a ventisette anni, ha fatto un apprendistato e una breve permanenza nel reparto tecnico della Polizia Scientifica di Firenze per due anni. Una promozione a vice commissario lo ha fatto trasferire per alcuni anni in un commissariato della provincia aretina, dove con il suo vecchio capo, il commissario Vinicio Del Tongo, ha fatto molta esperienza nelle indagini sugli omicidi. Poi un concorso interno lo ha portato a Collitondi come commissario. Ha alcune manie come tante altre persone. Ha l’abitudine quotidiana di “sentire il tempo meteorologico” e di fare una previsione meteo sulle condizioni del tempo, fino a un massimo delle dodici ore successive. Il tanto che gli basta per coprire le necessità della sua giornata lavorativa in paese e dintorni. Per la previsione osserva il cielo dalla finestra del suo bagno, prima di farsi la barba. Dalla finestra può osservare quasi tutta la vallata della Val Marna. Soprattutto, è importante che Cantagallo ascolti le previsioni del tempo del TG regionale, la sera prima. A volte trae delle considerazioni meteo pure dalla presenza o meno in volo degli stormi degli uccelli stanziali, che già di mattino presto, si portano oltre il Colle Tondo, altura che dietro il paese. Secondo l’opinione di Angelo, la loro assenza in volo fa prevedere l'imminente arrivo della pioggia e dei nuvoloni, da sempre ostacoli fastidiosi per il volo degli uccelli. Cantagallo elabora la sua "previsione” meteo che serve a fargli inquadrare la giornata, ma anche a fargli scegliere l’abbigliamento più adatto per quella giornata di lavoro. Il commissario è un amante della buona tavola e, insieme ai suoi colleghi, pranza al ristorante Attanasio di Collitondi e dopo pranzo fa una passeggiata digestiva lungo gli argini del fiume Marna insieme a Bandino e a Razzo che mangiano sempre con lui a pranzo.

 

Il carattere del commissario Cantagallo

Cantagallo ha un rapporto difficile con il Questore Zondadari, il suo capo della Questura di Castronuovo, e il vicario Bonadonna. Fra le tante cose che non sopporta del Questore, frasi latine a prescindere, c’è il "Palio dei somari". Il Palio è la delizia del Questore Zondadari e questo è un altro elemento che contribuisce a deteriorare i rapporti fra i due. Cantagallo non sopporta il Questore che cita sempre delle frasi latine e che è sempre impegnato con il “Palio dei somari” della città di Castronuovo. Il commissario Cantagallo ama i proverbi, con particolare interesse per quelli toscani, perché sono il frutto semplice della saggezza antica dei nostri nonni e fanno parte del patrimonio di una cultura popolare che non deve essere dimenticata. Non è assolutamente vero che parla in dialetto. Solo un piccolo accenno di dialetto, ma è nella natura umana di ogni toscano. E’ fermamente convinto che in ogni frase latina sia nascosto il vero significato delle cose, mentre in ogni proverbio si nasconde una piccola verità. Per il commissario, i proverbi sono stati ed sono ancora oggi la saggezza dei popoli. I proverbi fanno parte di un grande patrimonio, formato dal dialetto, dalla mentalità, dalle tradizioni popolari e tante altre cose ancora. In breve, da quella che può essere definita come la cultura popolare. Tale cultura è generalmente tramandata dagli uomini ai propri discendenti e per molti secoli i proverbi sono stati, probabilmente, l’unica scuola per decine di generazioni di nostri antenati. Attraverso di essi si tramandano le usanze, le abitudini, la visione del mondo, si comunicavano le regole della morale e del comportamento nella vita di tutti i giorni. I proverbi, spesso, sono utilizzati, in senso umoristico, per indicare certi caratteri umani e molte volte con il loro utilizzo si sanciscono delle vere e proprie consuetudini di vita sociale che finiscono per diventare costume. I proverbi contengono i consigli più disparati su qualsiasi argomento e per qualsiasi circostanza della vita. I proverbi e certe espressioni verbali permettono di comprendere molti aspetti del carattere e della storia non scritta dei nostri vecchi. Attraverso i proverbi e i modi di dire, si riesce a scoprire il volto più autentico dei nostri antenati. Si può capire meglio, le ragioni di molti nostri modi di essere e della nostra identità di popolo, con comportamenti particolari che ben identificano e che differenziano gli abitanti diversi dei paesi vicini. Per tutte queste ragioni, per il commissario Cantagallo i proverbi sono un patrimonio culturale di tutti e devono essere salvaguardati. La citazione latina, per Cantagallo, appartiene al passato, non appartiene al modo di parlare della gente comune. Manifesta una sorta di distacco con le persone semplici e umili, segna la distanza fra “il dire” e “il fare”. Rappresenta per certi personaggi incompetenti l’ultimo baluardo per giustificare un nulla di fatto, per offuscare un fatto evidente, per rendere fumosa una spiegazione che non esiste. Nei colloqui con Zondadari non capisce mai la frase latina che il Questore gli ha detto. Poi, quando ritorna in ufficio, con l’aiuto di Baccio e sforzandosi di ricordare la frase, cerca di tradurla per capirne il vero significato. Non può essere diversamente: un commissario che è in grado di tradurre i "messaggi" delle tracce di un’indagine, può non tradurre le frasi di un Questore? Sull'argomento dell’interpretazione dei "messaggi" degli oggetti ne parliamo più avanti a proposito della tecnica d’indagine. 

 

 

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